Tre azioni, un Unico Tempo tra schizofrenia e magia
Greta Di Poce, Gabriele Longega e Chiara Ventura
Foto di Christophe Démoulin
Osservatorio Futura presenta Tre azioni, un Unico Tempo per Lemme Centre D’art Contemporain; un ciclo di tre performance che coinvolge altrettant artist provenienti da diverse zone d’Italia.
Attraverso lo sguardo generazionale che contraddistingue il progetto, l’intento è quello di ragionare sull’azione performativa non solo come gesto, ma anche come dilatazione della pratica artistica nello spazio.
Nel flusso generativo, tra le opere di Di Poce, Longega e Ventura, emergono punti di contatto che possiamo ricondurre a tre rapporti: con il corpo, con l’alterità e con la materia organica.
Il clima di angoscioso smarrimento che permea le azioni è dato dalla fisiologica necessità di creare spazi e mondi altri, condizione figlia di una spiccata sensibilità per le urgenze del contemporaneo.
Longega ragiona, tra le altre cose, sul rapporto che intercorre tra ecologia e desiderio, sulla relazione utopica tra corpo e vegetazione e come questa possa diventare talvolta imprevedibile e magica.
Lo stesso trasporto per l’esoterico e per un istintualità primigenia permea buona parte della ricerca di Di Poce, che indaga stati semicoscienti – tra psicosi e sogno – senza tuttavia abbandonare lucidità e ironia.
L’interesse per la psiche – e per il turbamento che porta la sua indagine – è anche presente nella ricerca di Ventura e nel suo approccio curativo alla pratica artistica; ancora una volta, elemento imprescindibile è la relazione con l’altro da sé in uno scambio perpetuo.
Le azioni presentate sono innanzitutto viaggi in diverse dimensioni spaziali e temporali e sono tutte accomunate dall’utilizzo del suono e da un’attenzione site-specific. In “Qualunque cosa accada, non si accusi nessuno della mia vita” Greta di Poce si interessa alla Tour des Sorcières di Sion, antico luogo destinato alla tortura delle donne. La performance si articola in una lecture che combina i toni del cabaret e del requiem, attraverso la presentazione di un brano nato in occasione di un suo recente lavoro sul tema dell’erotismo femminile ed il canto (Mio corpo Avido Sole, 2024), e manipolato in collaborazione con il musicista Jugodefatuo. Di Poce, in un testo ispirato ad “Angeli Minori” di A. Volodine, rievoca la memoria della sua gatta, il suicidio di Chiara Fumai, artista scomparsa nel 2017, impegnata nell’affermazione del pensiero animistico come forza rigeneratrice della cultura, e le pene di Marguerite Repond, sorella di Caterine Catillon Repond, ultima donna uccisa a Friburgo per accuse di stregoneria.
Ne “La storia dell’albero con pochi rami e dell’uomo insicuro”, Gabriele Longega divide l’azione in tre atti: il sogno, il lapsus, e il sintomo, evocando una figura misteriosa che si aggira nel bosco alla ricerca di un luogo e di un qualcosa sconosciuto. Una creatura che porta con sé degli oggetti attraverso cui vengono ritmicamente ripetute azioni, prescrizioni assurde ed enigmi, ritmati da suono e silenzio. Una storia che racconta di una fuga e di un cerimoniale per ricomporre l’accordo tra umanità e Universo per ricostituire l’ordine del mondo che è andato perso.
Insicurezza e smarrimento che ritornano, in modo più intimo, nella performance “Like I need to” di Chiara Ventura. Nel tentativo di analizzare forme complesse di tossicità, l’artista mostra in successione manifestazioni spontanee di una dipendenza affettiva, nella solitudine del pensiero ossessivo dell’altro nello spazio di una coperta matrimoniale blu, su cui il corpo solo è monofobico e talassofobico. Assistiamo così ad un rimescolamento di canzoni d’amore popolari, masturbazione, gesti alchemici e di cura che amplificano un infantilismo di fondo.
Il nostro modo di vivere il contemporaneo è così: in bilico tra schizofrenia e magia.
Gabriele Longega (Venezia, 1986) è un artista visivo che vive e lavora a Venezia, dove è membro dello studio collettivo zolforosso. Si è laureato in Arti Visive e Studi Curatoriali presso NABA, Milano, nel 2018 e nel 2020 è stato parte di School of the Damned (UK). Nel 2023 ha conseguito il Master in Management della comunicazione e politiche culturali all’Università IUAV, Venezia. Tra i progetti che sta curando: “Camminare nel fango senza lasciare tracce”, ricerca e pratiche di lettura collettiva su utopia, diavolo, corpo e rivoluzione a partire dai testi di Luciano Parinetto, e “Scuola ecologica verso la fine del mondo”, laboratorio sperimentale di pratiche ecologiche. Tra le mostre collettive recenti: Istituire un rifugio nella selva, Traffic Gallery (Bergamo, 2024), Come raccogliere il fuoco che ci attraversa, Terzospazio (Venezia, 2023), Potluck #2 (Solo Show, 2023), Petricore, Castello di Pagazzano (Bergamo, 2023), Colostro, Torre Massimiliana (Venezia, 2022), Mal d’Uve (Nizza Monferrato, 2022), Gothic Pastoral IV (Solo Show, 2022), the middle of nowhere, Project Arts Center (Dublino, 2022). Mentre nel 2022 la sua prima mostra personale veneziana presso aarduork.
Greta Di Poce è nata a Pontecorvo (Frosinone) nel 1997 e oggi vive e lavora a Roma. L’artista ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Bologna e a Villa Arson di Nizza. Di Poce produce dipinti, disegni, performance, sculture e installazioni in continua sperimentazione con corpi e materiali. Narrazioni frammentate tratte dalla letteratura, dalla psicoanalisi, dalla teologia e dalle credenze popolari, dai meme e dalla storia dell’arte convivono e si sovrappongono nella sua pratica artistica, dichiaratamente guidata da un approccio femminista, mentre la sua ricerca si ispira allo studio del linguaggio delle scuole di psicoanalisi e agli specifici stati semicoscienti della psicosi e del sogno, dando vita a narrazioni visive che alludono al sacro con ironia, e a una lirica congiunzione di patetico e mitico, animale e magico. Nell’ultimo anno, come co-fondatrice del collettivo Šumma ālu, ha lavorato attraverso un approccio pedagogico e co-autoriale alla performance a partire dal tema del desiderio individuale, utilizzando gli strumenti della drammaturgia e della somatica generativa. L’artista è stata premiata con una menzione speciale in occasione del Premio Sparti (Ascoli Piceno), ha presentato performance e installazioni in numerosi spazi tra cui La Fondation Agnes B. (Parigi), Cave Contemporary (Grottaglie), Villa Arson (Nizza), Hidden Garage (Bologna), Opificio Puca nel programma Art Days (Napoli) ed è stata vincitrice del premio d’arte di Fondazione Sant’Orsola (Bologna).
Chiara Ventura (Verona, 1997) è artista visiva e performer. Il suo lavoro è genuinamente di carattere esistenziale, dove la biografia diventa cifra. Le pitture, sempre al limite tra figura e astrazione, incarnano i macrotemi delle opere plastiche, concettuali e performative. L’analisi sul corpo, sulle relazioni e reazioni che questo ha con psiche, emotività e l’Altro, è stata il punto di partenza per gli sviluppi di una pratica, prevalentemente performativa, dove il punto scomodo, non protetto, per chi fa e per chi guarda, è al centro dell’attenzione. Ventura indaga e denuncia gli aspetti più subdoli delle forme di violenza presenti nella contemporaneità ed è interessata agli aspetti politici del comportamento umano. Nel 2020 co-fonda plurale, un concetto che trova forma nel fare arte collettivo, una dinamica in cui l’artista individuale si fonde in una prospettiva comune, una pratica zen di decentramento dell’ego. Nel 2022, plurale pubblica il Manifesto Gesto empatico e mette in atto una pratica transfemminista, osservando sessualità e piacere come spazi politici. Inoltre, è interessato alla cultura giovanile e studia in particolare il fenomeno trap italiano, analizzando le problematiche socioculturali legate alle nuove generazioni.
Chiara Ventura ha realizzato performance ed esposto presso musei, fondazioni, gallerie, spazi indipendenti tra cui Mart – Galleria Civica di Trento (Trento), Fondazione Bevilacqua La Masa (Venezia), Viafarini (Milano), Villa Rondinelli (Fiesole), Galleria ME Vannucci (Pistoia), TAI – Tuscan Art Industry (Prato), GATE26A (Modena), Spazio In Situ (Roma), Spazio Cordis (Verona).